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Autoaggressività: Dipendenze, gesti autolesivi nella società contemporanea

Autoaggressività: Dipendenze, gesti autolesivi nella società contemporanea

Nella società contemporanea, sono sempre più frequenti fenomeni come suicidio, gesti autolesivi, dipendenze da sostanze. Ci si interroga quotidianamente sulle cause dei tali fenomeni, studiando, ad esempio, il ruolo dei social-media e della pandemia in tali manifestazioni. Molti pensatori, tuttavia, condividono l’idea che il sistema socio-economico e in cui viviamo sia molto importante nella genesi di tali problematiche. Vediamo alcuni di tali pensatori!

IL FILOSOFO BYUNG-CHUL HAN: IL SOGGETTO COME “PROGETTO”

Il filosofo Byung-Chul Han, autore del libro “Nello sciame. Visioni del digitale.” sostiene che, nella società contemporanea, le persone non sono più “soggetti” ma “progetti”. Heidegger sosteneva che il contadino era un soggetto in quanto “gettato” sulla Terra (die “Geworfenheit” di Heidegger, la gettatezza). Ora le persone non si sentono soggetti “gettati” ma “progetti” che concepiscono e ottimizzano sé stessi.
Se da un lato il “progetto” rende liberi, come dice Flusser, dall’altro sviluppa costrizioni sotto forma di prestazione, auto-ottimizzazione e autosfruttamento. In questa fase storica la libertà stessa produce costrizioni anche se dovrebbe essere il suo antagonista. Il soggetto di prestazione sfrutta sé stesso fino a crollare e sviluppa un’autoaggressività che sfocia, non di rado, nel suicidio. Il Sé come magnifico progetto si rivela un proiettile che il soggetto rivolge contro sé stesso (Han, 2015)

LA PSICOANALISTA KAREN HORNEY: L’ “IMMAGINE IDEALIZZATA”

La psicoanalista Karen Horney spiega bene, nel libro “Nevrosi e sviluppo della personalità” il tema dell’autodistruttività e la spiega come una normale conseguenza di una società “impostata narcisisticamente” e fondata su una “immagine idealizzata”. L’autodistruttività è concepita dall’autrice nel contesto dell’“odio verso sé stessi”. Il “sé idealizzato” non è soltanto un fantasma da essere inseguito, ma anche un metro con il quale l’individuo misura la vera realtà: quest’ultima non è mai all’altezza dell’immagine idealizzata e ciò fa emergere nella persona il disprezzo, l’ “odio verso sé stessi”, il quale si esprime, ad esempio, nelle auto-accuse, auto-frustrazione, auto-tortura, e culmina in atti e impulsi autodistruttivi (Horney, 1949).

LO PSICOANALISTA MASSIMO RECALCATI: L’ “ES SENZA INCONSCIO”

Lo psicoanalista Massimo Recalcati spiega il tema dell’autodistruttività, riprendendo, il concetto di Es senza inconscio: Es, in termini lacaniani, come “volontà di godimento” (Lacan) o, in termini freudiani, come “pulsione di morte”(Todestrieb). La “pulsione di morte” della clinica psicologica attuale si esprimerebbe attraverso una tendenza iperedonistica a un godimento mescolata a una tendenza acefala alla distruzione, alla “coazione a ripetere”). Essa si ritrova, ad esempio, nei gesti autolesivi, nelle tendenze suicidarie, nel panico, nella violenza e nell’aggressività, nei comportamenti a rischio, nel ritiro autistico, nelle pratiche di godimento compulsive e dissipative come dipendenze da sostanze, anoressia, bulimia. (Recalcati, 2010)

Han, B. C., Nello sciame. Visioni del digitale. Roma, nottetempo, 2015.
Horney, K. “Nevrosi e sviluppo della personalità”. Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore, 1950.
Recalcati, M., L’uomo senza inconscio. Figure della nuova clinica psicoanalitica. Milano, Raffaello Cortina Editore, 2010.

Martedì 14 dicembre 2021

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